CAMBIARE LAVORO

Anni che penso e non faccio, anni che mi struggo e non risolvo, anni che vige la poca soddisfazione. Io forse ne sapevo, sapevo che fare lo psicologo non era ciò che volevo. Cosa è stato e cos'è che mi ha spinto in questa direzione? Forse la consequenzialità degli eventi. Ho studiato psicologia per me, perché mi andava, mi interessava, ne avevo bisogno. Ma è ciò che volevo fare? No. Io volevo scrivere, troppo naif. Volevo leggere, troppo estivo. Inserirmi nel mondo culturale, troppo culturale, non lo volevo, era solo un modo per vendersi meglio ciò che altrimenti era troppo infantile. Troppo infantile! Come se l'infanzia fosse uno stato di minorità, di stupidità, illusioni che attendono delusione, poco concreta. Ma esiste, l'infanzia esiste, è reale, c'è. I libri sono la cosa più bella che io abbia mai incontrato, delicati ed entusiasmanti. E poi ho dato ascolto agli altri, a ciò che per essi significava lavorare con i libri. Fare discorsi, insegnare, usare parole complicate, custodire un sapere. Vi consiglio un libro, il piacere più grande, custodire e trovare un segreto collegamento, dentro-fuori, e portarlo alla luce, mostrarlo al richiedente e attendere un rimando, un sorriso, un sì o un no. Chi ama leggere? Venga a me. Ho dato ascolto agli altri anche quando mi suggerivano il passo successivo o ponevano domande con la risposta dentro. Domande a cui non sapevo opporre la mia risposta, o la mia non risposta. Ho dato ascolto alle loro considerazioni sulla mia vita. Ho dato ascolto alle voci. Mi schermisco di fronte alla definizione di psicologo. Non mi è mai piaciuta, l'immagine che ho dentro di me di tale professione è brutta, non la voglio, l'alternativa è cambiarla. Ma è così lungo il giro ... Mi piacciono le storie e poco altro. Raccogliere storie e fare psicologia assieme, sembra un gioco. Si potrà fare?

Pesche di Marta

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