Considerazioni sulla morte e la luna

Adesso, ad accompagnare il saluto del morto, non c’è più lo squallore delle camere mortuarie dei cimiteri o degli ospedali, niente più pareti sbiadite, scantinati e attese. Neanche le case, neanche le camere da letto, le tende e le luci scure, i caffè e i fiori, il disagio nel corridoio d’ingresso. Ora ci sono le camere degli angeli, le camere pulite e insonorizzate, le camere luminose con ikebana e servizi. Ci sono luoghi perfetti, luoghi luminosi, che alleviano il dolore, che sembra di essere già in paradiso. Che sembra che tutto passi. Sono belle ed efficienti, ci può venire chiunque e tu puoi sopravvivere al dolore, dentro fuori, dentro fuori, e poi finisce. Nel ricordo però, nel ricordo, stonano, nel ricordo di mio padre, ad esempio, se dovessi dire di quel saluto intenso e indelebile, non potrei non dire anche della stanza con separé in vetro, del bianco alle pareti, della compostezza dei divanetti e le foto dei fiori, e cozza, tutta questa accoglienza, con la merda della morte, con le mosche e il dolore, lo strazio dell’addio e le viti nel legno.

Stanotte mi sono svegliato pensando all’acquisto dell’auto. A cosa fosse meglio fare, a quale rivenditore rivolgermi e come gestire la giornata di lunedì. Erano le 4.30. Mi sono alzato, mi sono messo al computer e ho trascorso un’ora davanti allo schermo. Non mi sentivo stanco, mi ci sono sentito al mattino. Poi sono andato in bagno, ho intravisto la luna e ho pensato a quando non c’erano i computer e uno si svegliava di notte e non c’era molto da fare, se non vedere la luna, e che forse questo qualcuno sarebbe tornato a letto prima di me e avrebbe fatto pensieri più alti dei miei o più semplicemente, ho pensato, che gli insonni, prima, avevano cose meno interessanti e attive delle mie da fare. Poi mi sono messo sul divano, ho scorso per qualche minuto il dito sullo schermo dell’ipad e alla fine, interessante come la luna, l’ho mollato, mi sono sdraiato, ho messo il braccio a coprirmi gli occhi dalla luce e ho capito che, forse, un po’ di sonno lo avevo. Quindi mi son fatto forza, dentro, una voce mi ha detto che avrei fatto meglio ad andare a letto e sono andato a letto.

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